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La relazione con un narcisista

Roma 18 febbraio 2014

A cura del Dott. Marco Salerno, psicologo psicoterapeuta a Roma

Prima di relazionarci ad un narcisista dovremmo sapere alcune cose che probabilmente dopo una analisi più approfondita ci faranno desistere dall’impresa. Il narcisista si caratterizza per la presenza di un io ipertrofico che si è formato a causa di un arresto dello sviluppo psicologico durante l’infanzia. Questo ha determinato la chiusura in sé e la creazione di fantasie di grandiosità che lo hanno portato a considerarsi superiore, speciale, amabile e più importante rispetto alle altre persone. Lo sviluppo di una percezione distorta e amplificata di sé ha lo scopo di nascondere la vulnerabilità e la sensazione di impotenza avvertita quando si confronta con l’ambiente esterno. Per mantenere  il proprio sé grandioso sempre vivo e per nascondere le proprie paure, il narcisista è alla ricerca costante di attenzione e adulazione, quando questo non è possibile insorgono in lui significativi segni di rabbia e insofferenza. Non tutti i narcisisti sono uguali, quelli che hanno sviluppato una maggiore autopercezione di impotenza e di fragilità sono alla continua ricerca di una conferma dall’esterno del loro valore per mitigare il dolore emotivo che li accompagna.

Ritratto di un narcisista

Il narcisismo è un aspetto della personalità che si snoda lungo un continuum, ad un estremo sono presenti i tratti narcisistici sani che coincidono con un equilibrato amor proprio, all’altro invece troviamo il disturbo narcisistico di personalità che coincide con una percezione grandiosa di se e una totale mancanza di empatia. Il narcisista è una persona profondamente convinta che i suoi interessi, le sue priorità e opinioni più importanti di quelle di chiunque altro, pur sembrando a volte in pubblico pacato e compassato, in privato assume un atteggiamento prevaricante ed egocentrico. Vive spesso in un mondo immaginario, popolato da fantasie di successo e di amore illimitato ma non si mette in gioco per realizzarle. Crede di essere unico e speciale, solo persone altrettanto speciali possono comprenderlo. Ha continuamente bisogno di essere ammirato e non riesce ad ascoltare attentamente i  discorsi di chi lo circonda perché ha bisogno di stare sempre al centro dell’attenzione. Il sentirsi su un piano diverso rispetto alle persone comuni fa credere al narcisista che il rispetto delle regole, l’impegnarsi e il mettersi in gioco in prima persona non lo riguarda poiché lui è al di sopra di queste cose da cui si sente esentato. Tende a sfruttare le persone senza provare alcun senso di colpa o rimorso e adotta spesso un atteggiamento manipolatorio dal quale cerca di trarre il massimo beneficio con il minimo sforzo. Incapace di provare empatia, è chiuso nel suo delirio di grandiosità, mostra una attenzione superficiale all’inizio delle relazioni per poi provare un totale interesse.

Come riconoscere un narcisista

Roma 10 febbraio 2014

A cura del Dott. Marco Salerno psicologo psicoterapeuta a Roma

Il narcisismo è un aspetto della personalità che si snoda lungo un continuum, ad un estremo sono presenti i tratti narcisistici sani che coincidono con un equilibrato amor proprio, all’altro invece troviamo il disturbo narcisistico di personalità che coincide con una percezione grandiosa di se e una totale mancanza di empatia. Il narcisista è una persona profondamente convinta che i suoi interessi, le sue priorità e opinioni sono più importanti di quelle di chiunque altro, pur sembrando a volte in pubblico pacato e compassato, in privato assume un atteggiamento prevaricante ed egocentrico. Vive spesso in un mondo immaginario, popolato da fantasie di successo e di amore illimitato ma non si mette in gioco per realizzarle. Crede di essere unico e speciale, solo persone altrettanto speciali possono comprenderlo. Ha continuamente bisogno di essere ammirato e non riesce ad ascoltare attentamente i  discorsi di chi lo circonda perché ha bisogno di stare sempre al centro dell’attenzione. Il sentirsi su un piano diverso rispetto alle persone comuni fa credere al narcisista che il rispetto delle regole, l’impegnarsi e il mettersi in gioco in prima persona non lo riguarda poiché lui è al di sopra di queste cose da cui si sente esentato. Tende a sfruttare le persone senza provare alcun senso di colpa o rimorso e adotta spesso un atteggiamento manipolatorio dal quale cerca di trarre il massimo beneficio con il minimo sforzo. Incapace di provare empatia, è chiuso nel suo delirio di grandiosità, mostra una attenzione superficiale all’inizio delle relazioni per poi provare un totale disinteresse.

L’altruista compulsivo

Roma 30 gennaio 2014

A cura del Dott. Marco Salerno

In un periodo storico in cui l’individualismo è diventato sempre più difficile da arginare, il dare e il ricevere hanno trovato nuovi equilibri e modi di esistere. Un eccesso di altruismo a volte cela una profonda difficoltà nel ricevere amore, complimenti e nel sentirsi accolto per cui è più sicuro  dare per primo pur di non vivere la profonda paura di rimanere “a mani vuote”. In altre parole alcune persone non si sentono all’altezza di ricevere un riconoscimento del loro valore da parte di un altra persona e non riconoscono che anche loro desiderano instaurare un rapporto intimo di amicizia, di coppia, un contatto autentico che non li faccia sentire soli e svuotati dando sempre e non ricevendo mai.  Spesso l’altruista compulsivo è il primo ad offrire  il proprio aiuto in modo indistinto non valutando le condizioni e le motivazioni che lo spingono ad agire.

Lo psicologo J. Amodeo ha rintracciato cinque differenti cause alla base dell’altruismo compulsivo:

1) Difesa dall’intimità: ricevere implica la creazione di un contatto profondo con un’altra persona che vuole regalarci un abbraccio, un complimento, un gesto con cui esprimere il suo desiderio di avvicinarsi a noi. La paura dell’intimità costituisce una barriera protettiva disfunzionale che  impedisce di creare un punto di incontro con l’altro, accettando la sua presenza nella propria sfera intima.

2) Mantenere il controllo: dare senza ricevere consente di mantenere il controllo sulle relazioni e di evitare di mettersi in gioco nella dinamica relazionale. Uno degli effetti più gravi che l’altruismo compulsivo può determinare è quello di non riuscire più a distinguere se siamo disponibili a dare perché mossi da un autentico sentimento di generosità o perché prigionieri di un circolo vizioso che ci protegge dal contatto.

3) Paura di sentirsi in obbligo: la paura di ricevere può essere anche ricondotta ad una condizione  passata in cui si è ricevuto un riconoscimento o un complimento solo dopo aver conseguito un risultato. Questo significa che il compiacere le persone affettivamente significative era l’unico modo per essere amati e che la percezione di quello che siamo è determinata da quello che facciamo. In quest’ottica il ricevere corrisponde a sentirsi osservati e valutati e fa sentire sempre sotto esame e mai al sicuro.

4) Equiparare il ricevere all’essere egoisti : i condizionamenti culturali e religiosi e una cultura romantica molto in voga hanno definito un quadro relazionale nel quale dare è considerato un gesto più accettabile che ricevere. Inoltre il narcisismo dilagante che mette al centro della vita l’esistenza assoluta del singolo ma non tiene in considerazione il contesto sociale di appartenenza, ha creato una sorta di stigma verso chi persegue in modo sano la propria autorealizzazione anche attraverso il ricevere un riconoscimento. Sfortunatamente si trascura il fatto che vi è anche un narcisismo sano che è alla base della creazione del benessere individuale che consente di assaporare i piaceri della vita senza calpestare o escludere il contesto di riferimento. Alternare dare e ricevere è un modo maturo e consapevole per stabilire una relazione sana e appagante con un altro individuo, consente di mantenere una condizione di equilibrio e allo stesso tempo di nutrirsi affettivamente.

5) Non ricevere per evitare di contraccambiare : il timore di ricevere può celare la paura di sentirsi in debito rispetto ad un complimento ricevuto o ad una cortesia fatta senza alcuno scopo se non quello di dare piacere. Si assume che dietro ogni gesto possa esservi sempre un secondo fine come se le relazioni umane fossero regolate dal principio della manipolazione e del controllo.

Secondo lo psicologo J. Amodeo la reciprocità di uno scambio avviene quando non vi è alcuna distinzione tra il dare e l’avere poiché entrambi i membri della relazione danno e ricevono in modo unico ed è proprio questo che rende uno scambio profondo e intimo.

J. Amodeo Dancing with the fire: a mindufl way to living relationships, Quest Books 2013

Identikit del manipolatore affettivo

Roma 9 ottobre 2013

A cura del dott. Marco Salerno, psicologo psicoterapeuta umanistico integrato a Roma

Il manipolatore affettivo è una personalità patologica che si nutre della vitalità e delle emozione delle sue vittime. Le svuota gradualmente di ogni energia fino a farle sentire sbagliate e oppresse dopo aver perpetrato azioni continue di disprezzo, di critica, di ricatti alternandoli a momenti caratterizzati da un forte desiderio di relazione, ricercati solo quando gli sono utili. Tende a passare per vittima e ad attribuire sempre la causa dei suoi errori ad altri, senza mai assumersene la responsabilità. Nelle discussioni non accetta il rifiuto e vuole avere l’ultima parola  a costo di cambiare repentinamente opinione e di mentire per deformare la realtà a suo uso e consumo. I manipolatori non sono tutti uguali, adottano strategie e comportamenti diversi a seconda del loro carattere:

1) manipolatore simpatico: appare come una persona a suo agio con se stessa e con gli altri, la sua comunicazione è fluida e spigliata, è estroverso e socievole, di bell’aspetto e cerca di entrare subito in intimità facendo confidenze e complimenti alla propria preda. Il suo obiettivo è di chiedere piccoli favori in un clima di pseudo fiducia e complicità dopo avervi fatto qualche regalo o ascoltato. La manipolazione inizia a venire a galla quando la vittima si rende conto che nella relazione c’è posto solo per lui e per i suoi bisogni, dal momento in cui questi non saranno corrisposti interromperà ogni genere di contatto.

Come sopravvivere ad un narciso

A cura del Dott. Marco Salerno, psicologo psicoterapeuta umanistico integrato a Roma

Roma 10 settembre 2013

Chi di noi non ha mai incontrato una persona che ci ha fatto toccare il cielo con un dito per poi cadere improvvisamente per terra con un tonfo sordo e inaspettato?  Non spaventatevi, vi siete imbattuti in un narciso! Accade a tutti prima o poi, l’importante è prendere le giuste precauzioni per non rimanere stritolati da queste persone che vanno prese a piccole dosi.

Spesso i narcisi si caratterizzano per l’accentuato bisogno di stare al centro dell’attenzione, di sentirsi lusingati e ascoltati ma si spengono quando si annoiano perché hanno bisogno di sentirsi sempre gratificati da chi li circonda e di piacere agli altri.
La quotidianità e la ripetitività delle attività li annoia, se non avvertono forti emozioni ma soprattutto se non si sentono unici, ne soffrono. Oltre alla grandiosità, alcuni si connotano per la depressione e la malinconia che accompagna la loro esistenza. Possiamo classificare i narcisi in due macro categorie: