gaslighting

Roma 14 novembre 2022

A cura del dott. Marco Salerno

 

In un film di George Cukor del 1944, uscito in Italia con il titolo di Angoscia, Ingrid
Bergman interpretava una giovane donna che torna a vivere nella casa dove sua
zia è stata uccisa e in cui il suo nuovo marito la porta alla pazzia per proteggere
un diabolico segreto.
Il titolo originale della pellicola era Gaslight e faceva riferimento alle lampade a
gas che assumono un ruolo fondamentale in questo perverso disegno volto ad
alterare la percezione della realtà della protagonista: difatti il marito le utilizza
affievolendone la luce per poi negare di fronte alla moglie che la luminosità della
stanza sia effettivamente diminuita.
Questo stratagemma, assieme ad altri, lentamente innesca una perdita della
fiducia in sé stessa della donna e la porta alla follia.
Ecco, dal titolo del film di Cukor deriva il termine gaslighting che identifica
appunto una delle forme di manipolazione psicologica più tipiche delle relazioni
abusanti in cui ci si può ritrovare se ci si innamora di un narcisista.
Lo scopo è esattamente quello di minare le certezze della vittima al fine di farle
perdere i riferimenti più solidi ed obbligarla a credere che l’unico soggetto che può
aiutarla a comprendere la realtà sia proprio il suo aguzzino.
Si tratta di una tecnica sottile, subdola, che agisce pian piano, erodendo la base
su cui fino al momento dell’incontro col soggetto tossico la vittima aveva costruito
le proprie certezze.

Sappiamo che il narcisista, uomo o donna che sia, ha un disturbo della personalità
frutto di un’alterata e distorta percezione di sé (un falso sé) e che qualsiasi
tentativo di contrastare i suoi bisogni narcisistici innesca una reazione abnorme
(rispetto alla causa), che può essere di due tipi: passiva o aggressiva.
La prima si manifesta con una chiusura ostile nei confronti del partner o di
chiunque abbia osato mettergli i bastoni fra le ruote: prolungati silenzi, muri di
ostinato mutismo che impediscono un confronto costruttivo sulle ragioni del
confronto.
La seconda, al contrario, si esprime in una violenta esplosione di rabbia funesta,
che nasconde la vergogna che prova il narcisista per essere stato smascherato,
contraddetto, o semplicemente ostacolato nella sua irrefrenabile ricerca di
approvvigionamento di attenzioni e soddisfacimento di bisogni.
Lo sbilanciamento evidente fra ciò che ha prodotto tali reazioni e appunto la
replica del narcisista è la prova evidente dello squilibrio interiore del soggetto
abusante.

Il problema è che spesso la vittima non è in grado a sua volta di rispondere
adeguatamente, allontanando da sé il partner tossico, proprio perché questi è
riuscito nell’intento di alterarne la percezione della realtà.
L’invalidazione delle reazioni della vittima di fronte agli abusi del narcisista è un
altro degli strumenti caratteristici della torsione negativa che assumono le relazioni
di questo genere.
Sminuire, schernire, svalutare i sentimenti e le giuste lamentele del partner
abusato, che in cuor suo in qualche maniera avverte che qualcosa non va nel
rapporto, cercare di fargli credere che la sua mente sta vacillando e non riesce più
a leggere la realtà che lo (o la) circonda con lucidità, è una strategia purtroppo
molto efficace per irretire la vittima, allontanandola da tutto ciò che potrebbe
riportarla a una sana percezione del mondo, per inghiottirla nell’oscurità
progressiva della distorta visione delle cose operata dal narcisista.
Il gaslighting non rappresenta solo una forma di menzogna, poiché chi mente
tende a nascondere una verità, per proteggere sé stesso o altri dalle conseguenze
di una determinata azione o situazione: il gaslighter narcisista opera al fine di far
credere ciò che la sua vittima vede non è la verità, sperando che lentamente
questa si affidi solo alla realtà che lui vuole sottoporle come tale.

D’altronde il narcisista non ha alcuna forma di empatia nei confronti del proprio
partner: questi, come sappiamo, viene visto e vissuto esclusivamente quale fonte
di approvvigionamento, di soddisfacimento dei propri bisogni, essenzialmente di
conferma del sé falsato e distorto che il narcisista alberga al suo interno, e che gli
serve da scudo per non doversi mai confrontare con il vero sé, che invece è
pericolosamente affacciato su un abisso di nullità e di vuoto affettivo, in genere
risalente all’infanzia.
Perciò il narcisista non si fermerà di fronte a nulla pur di ottenere quella
sudditanza psicologica da parte della vittima nutriente.
E dunque non rispetterà mai nessuno di quei confini che, in modo del tutto
naturale, gli esseri umani, anche inconsciamente, pongono a difesa dei propri
spazi fisici e psicologici.
Questo è un altro aspetto molto importante da sottolineare quando si ha a che
fare con un soggetto affetto da tale tipo di disturbo della personalità: un narcisista
spesso viene grossolanamente definito come un bambino capriccioso che non
accetta di sentirsi dire di no.
In sostanza è vero, nel senso che come i bambini vanno educati proprio affinché,
già dalla più tenera età, capiscano fino a dove è lecito spingersi nella confidenza,
nelle richieste e nella comprensione a loro volta dei bisogni altrui, altrettanto si
dovrebbe fare coi narcisisti, perché costoro hanno la tendenza, come si suol dire,
ad allargarsi.
Sono estremamente richiedenti (demanding) e non si pongono minimamente il
problema di limitarsi nel loro bisogno di attenzioni: possono esprimere questo
bisogno fisicamente, psicologicamente, ma anche materialmente, appropriandosi

senza chiedere il permesso delle cose altrui, a volte rovinandole o utilizzandole
senza preoccuparsi di restituirle.
E ciò vale anche con il tempo dell’altro, il cui valore non è assolutamente
considerato se non come spazio da dedicare a loro e a nessun altro.
Va da sé che ogni rifiuto o limitazione a queste forme di indebita appropriazione
da parte del prossimo vengono percepite dal narcisista come una sorta di
dichiarazione di guerra.
Essendo dei soggetti suscettibili oltre ogni ragionevole misura, i narcisisti non
possono accettare di essere respinti, o quanto meno costretti nei limiti, nei confini
che gli individui sani naturalmente rispettano.
Da ciò derivano reazioni, come dicevamo, il più delle volte rabbiose o anche
svalutanti nei confronti di chi si oppone alle loro derive insane.
Ovviamente tutti noi abbiamo bisogno di essere, sin da piccoli, in qualche modo
“convalidati”, ovvero riconosciuti e apprezzati dagli altri: è uno dei bisogni naturali
ed elementari dell’essere umano nel suo rapporto col mondo che lo circonda.
E il narcisista si approfitta di questa comprensibile necessità, conquistandosi la
fiducia dell’altro attraverso la tecnica del mirroring, ovvero grazie a quella
capacità straordinaria di identificare i bisogni della vittima designata, al fine di farle
credere di essere in perfetta sintonia con lei.
Ma tutto ciò è solo il primo passo per intrappolarla, per poi distorcerne la
comprensione della realtà e legarla ancor più a sé, fino poi gettarla via quando
non soddisfa più le sue esigenze egoriferite.
Quindi attenzione al mago della lampada (a gas): è solo un ciarlatano dell’amore,
un venditore di fumo, una nebbia che offusca la chiara visione della realtà,
facendo sentire chi vi si perde inadeguato, sbagliato, insicuro.
Ma l’amore, quando è frutto di una sana relazione (che sia romantica o anche
semplicemente di amicizia), si riconosce facilmente perché è un rapporto basato
sulla fiducia, sulla comprensione dei rispettivi bisogni, non certo unilaterale, sul
supporto reciproco spontaneo, fondato sui fatti e non su ingannevoli parole, quelle
sì solo una evanescente nuvoletta che esce da una lampada dentro cui però non
si nasconde affatto un genio che esaudisce i desideri.