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Imparare a scegliere

Roma 28 settembre 2014

 

A cura del Dott. Marco Salerno

 

Quante volte rimandiamo nel futuro le nostre scelte, le facciamo dipendere da condizioni esterne, ci illudiamo che quando vivremo una certa condizione o quando avremo un certo oggetto o conosceremo una certa persona la nostra vita cambiera’ in positivo. Releghiamo al futuro la nostra felicita’, a situazioni a cui attribuiamo un enorme valore, sopravvalutandone il significato. Immaginiamo  di poter controllare le situazioni e le persone,  perdendo di vista completamente noi stessi in questa folle corsa senza una vera meta. Ci prefiggiamo solo tanti obiettivi  ma quando ne raggiungiamo uno, subito un altro compare all’orizzonte della fantasia, facendoci sprofondare in un circolo vizioso di desideri inutili che governano la nostra vita. Se vogliamo raggiungere l’equilibrio  dobbiamo iniziare da noi ed entrare nell’ottica che abbiamo il potere di  decidere e di scegliere solo per noi stessi e non per altri.  Cercare di controllare gli altri e’ un atto di presunzione e di onnipotenza, possiamo scegliere se avere accanto nel nostro cammino alcune persone oppure evitarle. Qualora questo non fosse possibile, non rimane che accettare le situazioni come sono senza sprecare la nostra energia vitale che potremo investire in ambiti della nostra esistenza su cui abbiamo influenza.

Come chiedere al proprio figlio “com’è andata oggi a scuola?”

Roma 17 settembre 2014

 

A cura del dott. Marco Salerno

 

Questa settimana ho letto sull’ Huffington Post un articolo scritto da Liz Evans, madre di tre figli, che ha affrontato insieme a due di loro l’inizio della scuola. Il primo giorno di scuola è pieno di attese, aspettative, paure, sogni sia per il bambino sia per i genitori, per cui anche la madre  aveva una crescente curiosità di sapere come fosse andato. Alla fatidica domanda ” come è andata a scuola oggi?” non riceveva però mai una risposta soddisfacente, d’altronde non ci si può aspettare che i bambini rispondano in modo esaustivo ad una domanda così generica. I bambini sono acuti osservatori, guardano i particolari, vivono le emozioni, per cui è fondamentale che l’adulto si faccia piccolo ed entri nel mondo del bambino per guardare la realtà dal suo punto di vista. Quando questo non avviene,  a domande generiche si  ricevono risposte evasive creando una condizione di permanente incomunicabilità. Liz Evans ha individuato una lista di domande da rivolgere ai propri figli grazie a cui è riuscita a stabilire un dialogo, ad entrare nel loro mondo,  a scoprire come si sentono a scuola, quali paure, curiosità e gioie vivono, raccogliendo anche aneddoti divertenti. Se volete potete usare queste domande anche con i vostri figli, entrerete in un mondo nuovo e dimenticato, il mondo che ogni adulto da bambino probabilmente ha vissuto a modo proprio ma non ricorda più.

La strada per trovare se’ stessi

  13 settembre 2014

 

A cura del dott. Marco Salerno

 

Nell’epoca dell’usa e getta, dove si consumano in un batter d’occhio oggetti, abitudini, mode, sembra  che non vi sia piu’ tempo neanche per ascoltare le proprie sensazioni. Parlo di sensazioni e non di emozioni, perche’ le  sensazioni sono gli aspetti di se’ con cui ognuno di noi puo’ entrare in contatto con sufficiente facilita’.  Per capire cosa e’ una sensazione, vi faccio un esempio elementare: chiudete gli occhi e provate ad accarezzare il vostro braccio o il viso, provate piu’ volte e soffermativi su quello che sentite compiendo questo gesto. Il contatto tra la vostra mano e la superficie del vostro corpo che  accarezzate, genera in voi alcune sensazioni. Dare un nome a queste sensazioni vi permette di aprire la porta della conoscenza del vostro corpo e successivamente delle vostre emozioni. Nominare le sensazioni aiuta ad accedere all’arcobaleno di sfumature che ci caratterizzano nel corso della giornata e a scegliere come utilizzare queste informazioni. Uno dei maggiori problemi di quest’epoca e’ quello di leggere la realta’ o con la lente della ragione o con quella della fantasia, in entrambi i casi ci allontaniamo sempre da noi stessi e non ci diamo la possibilita’ di sentire autenticamente cosa proviamo nel qui ed ora.

I 10 errori da non fare con i bambini

Roma 4 settmebre  2014

 

A cura del dott. Marco Salerno, psicologo psicoterapeuta a Roma

 

Alcuni giorni fa mi sono imbattuto in un  utile articolo sull’Huffington Post, scritto da Jennifer Demattia  (http://www.bugsdirtandmommy.com/), che  fornisce  chiare e semplici informazioni, riportate di seguito,  su quali errori e’ fondamentale evitare nell’educazione dei bambini.

 

I 10 errori da non fare con i bambini:

 

  1. Dire sempre di sì: evitare, già dai primi mesi di vita, di dare tutto ciò che il bambino vuole: potrebbe crescere convinto che tutto il mondo abbia l’obbligo di soddisfare i suoi desideri.
  2. Ridere: evitare di ridere quando i bambini imparano parolacce e volgarità. Questo atteggiamento li convince che sono divertenti e spiritosi e li invoglia a ripeterlo
  3. Disordine: non mettere sempre in ordine tutto ciò che lasciano fuori posto e, più in generale, non fare sempre quello che dovrebbero fare loro. Potrebbero abituarsi a scaricare sempre sugli altri le loro responsabilità
  4. Litigare: non litigare o pronunciare insulti in loro presenza. Non devono pensare che il disgregarsi della famiglia sia un fenomeno ineluttabile
  5. Denaro: non dare tutto il denaro che desiderano, senza chiedere di rendere conto di come lo hanno speso. Meglio spingerli a fare dei lavoretti per guadagnare anche piccole somme
  6. Sapere dire no: non soddisfare ogni loro desiderio riguardante il mangiare, il bere, le comodità. Negare qualcosa forma il carattere e non causa particolari complessi.
  7. Difenderli: evitare di prendere le loro parti con i vicini di casa e soprattutto contro gli insegnanti. Potrebbero convincersi di essere sempre delle vittime, persone talmente buone ed intelligenti, da essere incomprese ed ingiustamente maltrattate.
  8. Autocritica: fare una rigorosa autocritica quando i ragazzi combinano guai seri. Il lassismo educativo, da parte di tutta la società, ne rappresenta spesso una causa importante.
  9. Educazione: ricordarsi che ciascuno raccoglie soprattutto ciò che ha seminato perciò è importante impegnarsi nell’attività educativa, un lavoro che richiede dedizione, pazienza e tempo.
  10. Responsabilità: Non ritenere mai consolatoria la constatazione che “tanto così fan tutti”. Esiste sempre una parte importante di responsabilità personale.
Jennifer Demattia, Huffington Post agosto 2014

Liberarsi dalla manipolazione e dalla dipendenza affettiva: gruppo di aiuto a Roma

 

Il Dott. Marco Salerno e la Dott.ssa Ilaria Monticone conducono esclusivamente a Roma dal  1 ottobre 2014, il gruppo di aiuto per liberarsi dalla manipolazione relazionale e dalla dipendenza affettiva.

 

Le persone affette da dipendenza affettiva sono terrorizzate di perdere chi amano, poiché lo considerano l’unica persona che può donare loro amore e affetto.  I dipendenti affettivi chiedono amore a chi non lo sa dare, dedicano la loro vita a soddisfare le richieste del manipolatore e rinunciano a ogni bisogno e desiderio pur di essere amati. La relazione che si instaura tra dipendete e manipolatore affettivo è un circolo vizioso che può essere interrotto solo quando il dipendente affettivo recupera l’autostima, inizia ad ascoltare le proprie emozioni e soprattutto impara a sentirsi finalmente una persona degna di essere amata che non ha bisogno di elemosinare amore. L’esperienza della manipolazione affettiva devasta chi la vive che si sente sempre meno adeguato e capace di affrontare la vita, facendo dipendere il proprio valore dal giudizio del manipolatore. Il manipolatore affettivo può essere il partner, o un familiare, un amico, un collega di lavoro che “utilizza” il bisogno di affetto della propria vittima suscitando in lei il senso di colpa, criticandola e aggredendola costantemente quando le sue richieste non vengono soddisfatte. Questo comportamento alla lunga scardina l’autostima della vittima, la quale si sente sempre meno adatta e degna di essere amata. Le conseguenze di questa spirale distruttiva sono devastanti per il dipendente affettivo che sviluppa una serie di sintomi, sia psicologici sia fisici come aggressività, ansia, paura della solitudine, tristezza, emicranie, disturbi digestivi, mancanza di appetito, disturbi del sonno, attacchi di panico e rabbia incontrollata.